Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Italia Strategic Governance, lo ripubblico su Inimicizie in versione ampliata e aggiornata
Uno degli aspetti più controversi e allo stesso tempo più interessanti della guerra in Ucraina è quello che riguarda i laboratori biologici presenti nel paese – finanziati dal dipartimento di stato americano – che secondo le accuse russe sarebbero sede di sviluppo di armi biologiche bandite dai trattati internazionali, accusa smentita da USA e Ucraina.
La Cina – da parte sua – ha chiesto un’indagine internazionale su questi laboratori, richiesta che è stata ignorata sia da Washington che da Kiev. La questione non è semplice e, se è vero che in mancanza di prove incontrovertibili, le accuse russe restano tali, è anche vero che ottenere “prove incontrovertibili” – quando si parla di operazioni sporche e segrete – sia una speranza difficilmente realizzabile, e che in passato un’accusa simile – sostenuta da prove molto fumose, poi rivelatesi completamente false – sia stata usata per creare consenso nei confronti dell’invasione anglo-polacco-americana dell’Iraq. Quando si parla di armi chimiche, dunque, guardando alle lezioni del passato bisogna essere sempre molto cauti.
Preso atto che la questione rimarrà, nel prossimo e probabile futuro, argomento di discussione e opinione personale – piuttostoché di consenso – resta comunque utile riassumere quali siano gli elementi di valutazione al momento a disponibili; e quali siano le posizioni russa, americana ed ucraina
BREVE STORIA DELLE ARMI BIOLOGICHE
Segui Inimicizie sui social
Prima di tutto, cos’è un’arma biologica? Un’arma biologica è un agente biologico – un batterio, un virus, un fungo – utilizzato in maniera bellicosa contro persone e/o ecosistemi.
Il loro uso è praticamente antico quanto la guerra stessa: Tutti abbiamo sentito le storie dei pozzi avvelenati durante l’epoca classica, dei corpi pestilenziali lanciati con la catapulta oltre le mura di una città assediata nel medioevo, delle coperte intrise di vaiolo con cui sono stati sterminati gli indigeni americani.
L’ultimo caso ben documentato di guerra biologica fu ad opera dei giapponesi durante la seconda guerra mondiale, quando – con esiti ancora oggi non molto chiari – i nipponici bombardarono città cinesi con bombe di argilla contenenti zecche infettate da peste bubbonica, opportunamente “coltivate” dalla famigerata unità 731 dell’esercito imperiale.
Durante la guerra fredda, vi furono diversi programmi di ricerca riguardanti le armi biologiche – americani, sovietici, britannici – anche se riguardo l’uso di queste armi dopo la seconda guerra mondiale non ci sono particolari evidenze. I programmi di ricerca offensiva – dichiaratamente – cessarono di esistere nel 1972, con la firma della Convenzione sulle Armi Biologiche.
La Convenzione, però, non vieta la ricerca nel campo delle armi biologiche, purché sia a scopo difensivo.
Infatti, sono esistiti ed esistono tutt’ora dei programmi dichiaratamente difensivi, che si pensa possano essere molto spesso escamotage per condurre programmi in realtà offensivi. Gli USA (che, per inciso, non considerano le armi biologiche “non letali” come bandite dalla Convenzione) hanno un grosso programma difensivo, “spalmato” su più agenzie tra cui il CDC (Center for Disease Control and Prevention) che durante la guerra Iraq-Iran fornì campioni di agenti biologici pericolosi all’Iraq, usati da quest’ultimo per sviluppare armi biologiche. Diverse ombre ci furono anche sull’agenzie sovietica Biopreparat, che secondo testimonianze di suoi dipendenti si occupava anche dello sviluppo di un programma di armi biologiche offensive.
Anche oggi la Russia ha un suo programma di difesa biologica il cui vicecomandante, peraltro, guidò la “spedizione” russa a Bergamo nel marzo 2020, su cui oggi imperversano molte polemiche: Perché fu composta quasi solo da militari invece che da medici? Perché il governo Conte la chiamò in Italia? I russi sanno qualcosa di potenzialmente imbarazzante per l’Italia (così affermano)?
DOPO LA GUERRA FREDDA
Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, gli USA lanciano il Biological Threat Reduction Program, un programma del Ministero della Difesa – dal costo di svariate centinaia di milioni di dollari – ufficialmente mirato ad ammodernare e mettere in sicurezza la vasta rete di laboratori biologici presenti nell’ex URSS – inizialmente anche in Russia – con lo scopo di evitare fughe di materiale e proliferazione di armi biologiche. Secondo un recente documentario di RT (quindi secondo il Cremlino) il vero obiettivo degli americani fu quello di poter aver accesso alla vasta quantità di campioni di agenti biologici e ricerche, dal valore di miliardi di dollari solo in Ucraina.
Naturalmente, la questione inizia a diventare “spinosa” man mano che le relazioni Russia-USA peggiorano, e la Russia inizia a dichiarare apertamente i suoi sospetti verso la rete di laboratori biologici nelle repubbliche ex sovietiche, dall’Est Europa all’Asia Centrale, passando per il Caucaso, in cui gli USA hanno assunto una posizione d’influenza.
Sempre nel documentario di RT, Mykola Azarov – ex premier ucraino – sostiene che nel già teso clima pre-maidan del 2013, il suo governo avrebbe comunicato agli USA la fine dell’accordo riguardante il Biological Threat Reduction Program, accordo che invece fu mantenuto in essere dalla leadership ucraina post-maidan; naturalmente fedele a, laddove non direttamente selezionata da Washington.
I PRIMI SOSPETTI RUSSI
Unisciti alla newsletter di Inimicizie
La prima accusa ufficiale da parte della Russia arriva nel 2017, quando Putin davanti al Comitato Russo per i Diritti Umani denuncia la raccolta – “sistematica e professionale” – da parte di ONG occidentali di materiale biologico di russi etnici.
Il caso principale di cui si parlò nell’ambito di queste dichiarazioni fu la richiesta – da parte dell’aereonautica americana – di campioni di fluido sinoviale russo. L’Air Force si difese affermando che il fluido servisse come campione di controllo per delle ricerche che stava conducendo sui danni alle articolazioni subiti dai piloti, e che venisse richiesto fluido russo in particolare (venendo rigettato ad esempio quello ucraino) per mantenere rigorosi gli esperimenti, che in fasi precedenti avevano utilizzato fluido russo.
Il secondo episodio avviene nel 2018, con un comunicato dell’ormai a noi familiare Maggior Generale Igor Kirillov.
In questo briefing, si sosteneva che gli USA stessero conducendo ricerche ed operazioni inerenti alle armi biologiche presso il Lugar Center in Georgia, speculando inoltre che la (ai tempi) recente diffusione della febbre suina e della febbre emorragica Congo-Crimea nel sud della Russia fosse potenzialmente legata a queste attività.
La causa scatenante di questo briefing furono le accuse dell’ex (pre rivoluzione colorata) Ministro per la Sicurezza di Stato della Georgia – Igor Giorgiadze – che sostenne di essere venuto a sapere, tramite whistleblowers, di documenti del Lugar Center contenenti informazioni su esperimenti top secret – con il coinvolgimento di reclute dell’esercito georgiano – e contenenti inoltre prove dello sviluppo di armi biologiche, inclusi brevetti per i vettori di lancio.
Gli americani smentirono con forza, e ad oggi ulteriori prove a sostegno delle dichiarazioni di Giorgiadze non sono mai emerse.

DOPO L’INVASIONE DELL’UCRAINA
La questione rimane poi dormiente fino all’invasione russa dell’Ucraina a fine febbraio 2022.
Il 26 febbraio, la blogger bulgara Dilyana Gaytandzhieva fa notare la scomparsa – dal sito dell’ambasciata americana in Ucraina – dei riferimenti a 11 siti di ricerca biologica nel paese. Riferimenti comunque recuperabili tramite l’archiviazione web, che vengono in seguito reinseriti sul sito dell’ambasciata.
Il 6 marzo, Igor Konashenkov – portavoce delle forze armate russe – dichiara di avere le prove dell’esistenza di un programma militare-biologico in Ucraina finanziato dagli Stati Uniti. L’agenzia russa “Ria Novosti” pubblica dei documenti – provenienti da un laboratorio di Kharkov – che intimano lo smantellamento dello stesso e l’esportazione dei suoi materiali, su ordine del Dipartimento di Stato americano, di modo che non cada in mani russe.
In successivi briefing, Kirillov scende nei dettagli, pubblicando documenti riguardanti lo studio – in questi laboratori – di scenari come il trasporto di virus SARS tramite uccelli migratori in Europa, fornendo nomi di presunti ufficiali americani coinvolti oltre ad una vasta mole di documenti.
Non ci sono commenti ufficiali americani che scendano così nel dettaglio, nel confutare le accuse russe, ma si può dire che le dichiarazioni di Victoria Nuland1 – membro dell’amministrazione presidenziale americana e considerabile una delle figure chiave dell’Euromaidan – davanti al senato, l’8 marzo, non abbiano spento i dubbi che molti – anche negli USA – nutrono sull’esistenza e/o sulla bontà di questi programmi biologici.
Il Sottosegretario di Stato ha affermato: “L’Ucraina ha dei siti di ricerca biologica, che temiamo possano essere catturati dai russi, cosa che stiamo cercando di evitare“.
Ricapitolando: E’ acclarato che il Dipartimento della Difesa americano fornisca fondi a laboratori biologici in diversi paesi dell’ex unione sovietica, nell’ambito del Biological Threat Reduction Program e del Biosurveillance Network of the Silk Road, istituito nel 2016, nei paesi post-sovietici – lo dice il nome – sovrapposti alla via della seta (vecchia… e nuova) . E’ ufficiale che la collaborazione del Dipartimento della Difesa americano avvenga non solo con le autorità civili e sanitarie dell’Ucraina, ma anche con quelle militari. E’ ufficiale ed acclarato che questa collaborazione riguardi anche – in qualche modo – le armi biologiche, quantomeno nella misura in cui si riferisce alla loro “prevenzione”.
Tutto il resto può essere oggetto di dibattito, opinioni, speculazione. E di sicuro c’è ben poco.
Non è chiaro ad esempio quale sia il livello di coinvolgimento di personale americano in questi laboratori, anche attraverso intermediari civili (ma con security clearance) come il contractor Black and Veatch.
In ogni caso – sebbene le accuse russe abbiano diversi elementi circostanziali a loro sostegno – sembra che ancora manchino di quel “silver bullet” necessario per provare realmente l’esistenza di un programma biologico offensivo ucro-americano. La Russia ha probabilmente delle buone ragioni per essere nervosa – e sospettosa – a causa della presenza di una collaborazione americana a livello anche militare, che riguarda le armi biologiche e i loro vettori di trasporto, in un anello di paesi intorno al suo territorio, condita da eventi quantomeno fraintendibili come la raccolta di campioni biologici russi. Non è, però, riuscita a provare oltre ogni ragionevole dubbio le sue accuse (non che sia stata permessa un’inchiesta internazionale a riguardo)
In conclusione la valutazione è: Entrambe le versioni possono essere sostenute con cognizione di causa.
La questione è quasi certamente destinata a rimanere irrisolta, ed accesa, per molto tempo: Al summit CSTO di novembre 2022, il Presidente bielorusso Lukashenko afferma: “La Russia e la Bielorussia non hanno laboratori biologici, ma alcuni paesi membri del CSTO sì, e dobbiamo discuterne“.
2 pensieri riguardo “Laboratori biologici militari americani in Ucraina e nell’ex URSS”