DI MARCO N
Questo pezzo è un contributo esterno, che non rispetta necessariamente il punto di vista dell’editore
Anno 2008: In una tiepida nottata di maggio sul treno Kiev-Mosca che mi riportava a casa, un uomo ucraino visibilmente alticcio alla stazione di Konotop entrò nel mio kupé (scompartimento), svegliandomi di soprassalto. Discuteva con sé stesso del rapporto tra l’Ucraina e l’Unione Europea, urlando ad alta voce “Ma quale Unione europea? Quali europei? Noi siamo slavi! Siamo diversi, non è difficile da capire!”
Anno 20XY: La guerra è finita, l’Europa ha ritrovato la pace e i treni tra Kiev e Mosca hanno ripreso a circolare regolarmente.
Proviamo a immaginare dunque i possibili scenari di Russia e Ucraina alla fine di questo conflitto armato concentrandoci sui due più estremi: vittoria totale di Kiev e vittoria totale di Mosca. Gli scenari qui presentati non vogliono tenere conto di un conflitto mondiale con tanto di opzione nucleare a valle della quale, se utilizzata, sarebbe impossibile pensare a qualcosa di diverso che la totale devastazione di Russia, Ucraina, Europa e Stati Uniti.

KIEV VINCE
Il governo filooccidentale di Kiev aderisce a NATO e Unione Europea, forti discussioni animano l’agone politico per quanto riguarda l’adozione della nuova moneta dell’UE per seguire la Germania che nel frattempo sta colonizzando il mercato e il tessuto produttivo del Paese; con l’opposizione dell’ovest dell’Ucraina che vorrebbe invece per sé un modello economico più simile a quello polacco conservando la propria valuta. Le proteste nell’est del Paese, benché le regioni di Donbass e Crimea siano dotate di una certa autonomia, assumono con andamento ondulatorio caratteri violenti; vengono represse nel sangue grazie all’efficace presenza dell’esercito ucraino e di contingenti stranieri di peacekeeping. La guerra è costata molti morti e soprattutto molti sfollati emigrati all’estero, bisogna ricostruire il paese.
Kiev tenta di far rientrare più persone possibili garantendogli sconti in termini di tasse e altre agevolazioni. Il nuovo piano Marshall per l’Ucraina, pur contribuendo enormemente alla ricostruzione, ha costituito una nuova élite parapolitica che detta di fatto la linea governativa su input di Unione Europea, Gran Bretagna e Stati Uniti. Le miniere di carbone, terre rare e shale gas sono controllate da joint venture tra lo stato ucraino e grandi gruppi internazionali, in cui lo stato ucraino si occupa di logistica, manodopera sicurezza e manutenzione mentre le multinazionali forniscono capitali ed estraggono profitto. Le aree più rurali del paese rimangono fuori dagli investimenti infrastrutturali e continuano ad essere granaio d’Europa e serbatoio di “uteri in affitto” per gli occidentali.
La definitiva occidentalizzazione dei costumi è male accettata dalla minoranza nazionalista combattente, che è però tenuta a bada dai propri colonnelli che occupano posizioni apicali, ancorché non decisive, nella nuova Ucraina.
La Russia è poco più di un ricordo sull’atlante: la pace di Helsinki ha imposto il frazionamento della Federazione in quattro stati “indipendenti”. Mosca e San Pietroburgo sono ancora delle belle città da visitare ma la povertà morde e purtroppo furti e rapimenti ai danni dei locali e soprattutto dei turisti sono all’ordine del giorno. L’establishment liberale della Repubblica della Russia Occidentale vorrebbe seguire l’Ucraina nel suo destino dorato (per l’establishment ovviamente) ma le sanzioni non glielo permettono. Il costante deterioramento delle infrastrutture e la carenza di capitali spingono i russi a cercare fortuna all’estero causando lo spopolamento del territorio.
La Repubblica della Russia Caucasica è molto divisa: il governo di Grozny conta poco al di fuori della Cecenia e la maggior parte del territorio è controllato dai signori della guerra Ceceni, Osseti, Daghestani e Ingusceti. Nei momenti di maggiore tranquillità, grazie alle forniture belliche turche e azere, la Russia Caucasica tenta di riprendere il controllo sul sud della Russia Occidentale fino a spingersi quasi al Donbass.
Oltre gli Urali, la Russia Siberiana ha ceduto grandi quantità dei diritti di ricerca ed estrazione di gas e petrolio in parte alla Cina e in parte alle aziende Occidentali. I prezzi artificialmente altissimi del greggio e gas rendono inoltre molto vantaggiose le ricerche e l’estrazione di materie prime anche in luoghi remoti. Gli standard ambientali già poveri in URSS, parzialmente ripristinati con la contaminazione occidentale post-1991, sono tornati ad essere molto poco prudenti nei confronti della natura e delle popolazioni siberiane.
La Repubblica della Russia Orientale è un protettorato cinese, l’esercito cinese di stanza a Sakhalin e Vladivostok ha represso le locali proteste indipendentiste nel sangue, le isole Kurily sono state cedute al Giappone nell’ambito della pace di Helsinki e la Corea del Nord può finalmente vantare un territorio più grande da cui rifornirsi di materie prime e agricole.

MOSCA VINCE
Durante la pace di Damasco, in cambio dei territori ex ucraini della Transcarpazia, Luts’k e Leopoli alla Federazione Europea, la Russia si è assicurata il disarmo degli stati baltici e un ammorbidimento della storica ostilità polacca. Il governo filorusso di Kiev, che ormai controlla la sola area centrale dell’Ucraina, deve fare i conti con i moti di ribellione degli ex combattenti nazionalisti che organizzano attentati nelle principali città, mirando ad obiettivi sensibili. Le proteste indipendentiste sono represse violentemente dalle milizie e dalle forze di sicurezza russe. L’economia agraria e mineraria è gestita dai grandi conglomerati russi che hanno poco interesse a sviluppare il territorio. Continua lo spopolamento dell’Ucraina iniziato con la crisi economica e la guerra: La vecchia classe media e i più poveri cercano fortuna all’estero tra cui la Russia rimane un’opzione gettonata. Il Donbass è diventato russo a tutti gli effetti dopo anni di sanguinosi combattimenti. La Russia continua a investire molto nel territorio costiero ex ucraino: Sia elevando gli standard turistico-ricreativi della costa del Mar Nero che investendo in infrastrutture militari per prevenire eventuali attacchi dalla Turchia e dalla Federazione Europea.
La Russia consolida le proprie posizioni nel Caucaso, garantendo alla Cecenia molti finanziamenti e una certa informale indipendenza dal potere centrale, controbilanciata dalla formale lealtà degli uomini di Kadyrov. Grozny diventa di fatto capitale del Caucaso e tiene a bada i nazionalismi particolari delle popolazioni locali. Georgia e Armenia sono ormai strettamente alleate con la Russia, che si appresta ad espandere lo spazio economico eurasiatico con le repubbliche ex sovietiche.
Internamente la Russia procede speditamente a una modernizzazione delle infrastrutture e grazie alle collaborazioni frequenti e profonde con l’occidente e la Cina, acquisisce nuove tecnologie che le permettono di essere indipendente da entrambi i fronti.
Il mondo multipolare è ormai una realtà e Mosca un giocatore imprescindibile nello scacchiere internazionale. Molti paesi europei, uno dopo l’altro, iniziano a stipulare patti di mutua collaborazione in ambito energetico, agricolo, finanziario e manifatturiero. La ritrovata partnership occidentale galvanizza Mosca che può permettersi di prendersi degli spazi di distanza nei confronti dell’alleato cinese, che esercita una forte influenza su Asia ed Europa. Gli Stati Uniti a trazione conservatrice-isolazionista, prendendo atto della perdita di egemonia militare e politica, lasciano fare: Cercano altri teatri in cui conservare ed eventualmente espandere la propria influenza, ma non disdegnando occasionali collaborazioni con la Russia.

CONCLUSIONE
Sperando ovviamente in una rapida risoluzione del conflitto armato e scongiurando un suo allargamento ad altre nazioni, siamo comunque sull’orlo di una svolta importante per il mondo degli slavi orientali.
In mezzo a questi due scenari ci sta di tutto: a meno di vittorie totali schiaccianti, ciò che all’autore pare abbastanza chiaro è che realisticamente l’Ucraina si stia avviando verso uno scenario libico come dall’assassinio di Gheddafi fino ai giorni nostri, e la Russia verso un futuro di isolamento rispetto all’Occidente.

Un pensiero riguardo “Kiev-Mosca: Viaggio nel tempo”