Intermarium ed anglosfera

Nel 2021 il Sejm polacco approva una legge volta a raddoppiare l’organico delle forze armate, trasformandole nel terzo esercito più grande della NATO, dopo quello statunitense e quello turco.
Jaroslaw Kaczynski – segretario del partito di governo Legge e Giustizia – per l’occasione commenta così: “Non permetteremo la restaurazione dell’Impero Russo“.
Non che ci fosse bisogno di questa dichiarazione per capire il carattere anti-russo di questa nuova proposta. Ma è uno sviluppo emblematico del modo in cui si è evoluta la NATO, sul ruolo che in essa ha il rapporto tra Europa centro-occidentale e Russia; e sul ruolo che invece hanno assunto la Polonia, i baltici ed altri paesi dell’Est Europa.

L’Europa occidentale – con la fine della guerra fredda, l’ascesa della Cina e lo sviluppo del mondo multipolare – sviluppa rapidamente priorità ed interessi strategici divergenti da quelli dell’anglosfera.
Questo fatto diventa chiaro con l’invasione americana dell’Iraq nel 2003, occasione in cui pressoché tutti i governi europei criticano fortemente la decisione dell’amministrazione Bush di andare in guerra unilateralmente senza un mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dando vita alla prima grande crisi transatlantica dalla fine della guerra fredda. E’ emblematico che in questo caso, l’unico paese non appartenente ai Five Eyes (che preferiamo chiamare anglosfera) a partecipare attivamente all’invasione dell’Iraq sia proprio la Polonia.

Diventa ancora più chiaro dopo la crisi finanziaria del 2008, causata dagli USA ma estremamente sentita in Europa (soprattutto meridionale). Dopo questa crisi inizia la “competizione sistemica” tra USA e Cina, con quest’ultima che – rafforzatasi in quasi 20 anni di apertura e riforma economica – vede finalmente l’occasione per, usando le parole pronunciate dallo stratega navale Alfred T. Mahan nel 1900: “Chiedere la sua fetta di torta“. Sono gli anni dell’embargo non dichiarato sulle terre rare cinesi , della nascita dei BRICS come forum internazionale e dell’elezione a segretario di Xi Jinping, che inizierà subito ad elaborare la sua grande strategia: La nuova via della seta, con partner naturale l’Europa.
Laddove l’Europa, anche a livello del decisore politico, vede – pur con diffidenza – nella Cina un forte veicolo di sviluppo economico, gli USA iniziano ad elaborare una dottrina di containment e rollback, dando lentamente inizio ad una nuova guerra fredda. E’ il Pivot to Asia dell’amministrazione Obama, nel cui quadro avvengono molteplici iniziative militari, bilaterali e multilaterali. La spaccatura su questo dossier con l’Europa continentale diventa più che mai evidente nel caso dell’accordo AUKUS sui sottomarini nucleari.

Come ben sappiamo, però, l’Europa non ha (ancora, purtroppo) un’unità d’intenti strategici nei confronti degli altri due grandi poli che si sono formati, ne in generale nei confronti delle sue aree di interesse strategico.

Il primo nodo da sciogliere è quello del rapporto tra UE (che troppi si ostinano a chiamare, erroneamente, Europa) e Russia: Quando – dopo la fine della guerra fredda – l’allargamento ad Est dell’Unione non ha portato alla creazione di una vera identità politica e strategica europea, ma si è rilevato semplicemente un allargamento ad Est del ramo “pubbliche relazioni” della NATO, il rapporto con la Russia è stato incrinato pesantemente.

Di conseguenza, dopo ulteriori tentativi di espansione della NATO e balcanizzazione della Russia, abbiamo ottenuto la guerra in Georgia e la guerra in Ucraina.

Volontario cosacco durante la guerra del Donbass
Volontario cosacco durante la guerra del Donbass

LA NATO HA UN INTERESSE COMUNE? NO

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La NATO, però, ha presto mostrato le sue contraddizioni e il suo essere obsoleta: La teoria del balance of power non mente.

Per tutto il primo ventennio degli anni ‘2000 vediamo grandi segnali di avvicinamento (o riavvicinamento) tra Russia e paesi dell’UE, dettati principalmente dalla necessità geopolitica dell’approvvigionamento a buon mercato di energia ed altre materie prime. Il più lampante passo in questa direzione è sicuramente la costruzione (insieme ad altri) del gasdotto Nord Stream 2 tra Germania e Russia, osteggiato per anni dagli USA e infatti sabotato e distrutto a settembre 2022. Ma simili segnali di distensione si vedono anche con l’Italia (in questo caso gli USA riescono tramite la loro pressione a fermare il progetto di costruzione del gasdotto South Stream) con la Francia, con l’Olanda: Lo zenit di questa distensione sono gli Accordi di Minsk, ottenuti tramite mediazione franco-tedesca e volti a risolvere definitivamente la questione ucraina, una ferita rimasta aperta e destinata ad esplodere sin dalla partizione dell’Unione Sovietica. Accordi che, come sappiamo, furono sabotati dalle frange oltranziste del maidanismo ucraino, appoggiate da anglosfera e da una cordata di paesi europei.

Quali? Quelli che alla distensione non parteciparono. Il discorso di sopra, infatti, non è certo applicabile a gran parte dell’Europa Centro-Orientale.

Questi stati, il cui mito fondativo è l’emancipazione dal blocco di Varsavia e quindi dal dominio russo, vedono la NATO come un’alleanza più che mai attuale e necessaria.
Dal Baltico al Mar Nero, costruiscono i loro eserciti in funzione anti-russa e – soprattutto – cercano protezione da parte dell’alleato atlantico.
Questa contrapposizione in alcuni casi, come per la Polonia, deriva anche da una rivalità storica, che risale alle varie partizioni della Polonia prima del primo conflitto mondiale, alla contrapposizione cattolico-ortodossa, per arrivare al Patto Molotov-Ribbentrop, al massacro di Katyin e alla tutela sovietica tramite “Dottrina Brezhnev” fino al 1989.
Stiamo parlando della “Nuova Europa“, descritta come il “nuovo centro di gravità della NATO” da un furente Donald Rumsfeld – Segretario alla Difesa dell’amministrazione Bush nel 2003 – in relazione alle opposizioni della “Vecchia Europa” al progetto unipolare americano.

In questo difficile equilibrio pesa anche, però, il rapporto della Russia con la Cina. La grande unità d’intenti che pare ci sia ora, volta a rompere l’egemonia americana – sicuramente rafforzata e resa inevitabile dalla protervia europea nel seguire le mosse di Washington e Londra durante la guerra in Ucraina – non è necessariamente destinata a durare.
Si iniziano già a vedere segni di revanchismo cinese sull’estremo oriente russo, ormai sempre più penetrato da popolazioni e interessi commerciali cinesi. La competizione sino-russa, inoltre, è destinata ad accendersi anche in asia centrale, dove gli stan, rimasti finora saldamente nella sfera d’influenza russa, stanno diventando fondamentali per la strategia cinese della via della seta e cadono sempre più sotto l’influenza di Pechino.
Se la Cina non riuscirà a creare un saldo sistema di interessi strutturali per la Russia, legati alla sua partecipazione nella via della seta e in altri progetti di integrazione asiatici ed eurasiatici, le ostilità potrebbero riaprirsi come negli anni ’60.

E’ chiaro quindi che la Russia necessiti di un contrappeso, almeno potenziale, nei confronti della Cina, anche nell’ambito di una più grande integrazione eurasiatica che potrebbe essere di successo.
E se questi alleati non possono certo essere i paesi dell’anglosfera, da sempre contrapposti all’unità politico-militare dell’isola-mondo eurasiatica – come evidenziato da importanti strateghi anglosassoni antichi e moderni nel corso dei decenni – possono invece essere i paesi dell’Europa continentale. Quantomeno, visto che questi paesi sono riluttanti alla competizione con la Cina anche se richiesta dall’attuale alleato atlantico, la Russia avrà bisogno di mettere al sicuro la propria frontiera occidentale dall’aggressione atlantica, se vuole sperare di non essere divorata dalla Cina.

Presidente polacco in visita a Kiev durante la guerra russo-ucraina, accompagnato dai presidenti degli stati baltici
Presidente polacco in visita a Kiev durante la guerra russo-ucraina, accompagnato dai presidenti degli stati baltici

POLO INDIPENDENTE O PERIFERIA DISASTRATA DELL’ANGLOSFERA?

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Sebbene gli USA siano stati tentati da una distensione con la Russia in funzione anti-cinese, tanto da annullare ad un certo punto le sanzioni sul Nord Stream 2, un’integrazione troppo forte tra Russia ed Europa Occidentale rimane comunque una prospettiva troppo pericolosa per gli interessi imperiali di Washington, una prospettiva da sventare in ogni modo.

E quindi, nascono progetti come l'”Iniziativa dei Tre Mari“, da subito patrocinata dagli USA, e si cerca di utilizzare la Turchia – nonostante sia un alleato ambiguo, con un certo successo – per contenere e minacciare gli interessi russi in diversi quadranti: Dal Mar Nero all’Asia Centrale, passando naturalmente per l’ex Impero Ottomano e il Caucaso.

Si cerca di costruire – fisicamente – una barriera (o cordon sanitaire, come si chiamava un tempo) per dividere la Russia dall’Europa occidentale. E’ un progetto destinato ad avere successo o a fallire?

Le economie dei paesi dell’Europa danubiano-balcanica sono assolutamente dipendenti dal patrocinio di Germania, Francia e Italia, oltreché dal gas russo. Un caso esemplare è quello dell’Ungheria.
L’anglosfera sarà in grado di fornire ai paesi dell’Intermarium ciò che verrà loro a mancare se si opporranno alle iniziative di integrazione europea ed eurasiatica? La Polonia andrà avanti con il petrolio nigeriano?

Se la Francia abbandonerà la vecchia idea di “direttorio a 3” della NATO (e di funzione di plenipotenziario americano in Europa) tornando ai precedenti tentativi di Europa franco-tedesca o franco-russa (o franco-tedesco-russa) l’Intermarium potrebbe nuovamente trovarsi schiacciato tra due poli di potenza ostili.
E’ un’idea che pare irrealistica, ma è possibile, soprattutto se lo scontro tra UE e Polonia sullo “stato di diritto” (che niente ha a che fare con lo stato di diritto) raggiungerà un punto di rottura, con l’uscita di Varsavia dall’Unione Europea.
Il partito Legge e Giustizia, che da anni governa la Polonia, sembra proprio andare in questa direzione, però. Lo stesso Kaczynsky fu uno dei primi sostenitori dell’Euromaidan, andando ad arringare personalmente una piazza a pochi giorni dall’inizio delle proteste, la Polonia sarà poi uno dei più grandi sostenitori dell’Ucraina durante la guerra, fornendo aiuti economici, volontari ed armi.

Forte è anche il supporto dei paesi baltici all’alleanza atlantica: Non è un caso che l’opposizione bielorussa, supportata dalla NATO e fautrice di un tentativo di rivoluzione colorata, si sia rifugiata principalmente in Lituania e in Polonia.
Un’invasione lampo della Russia nei confronti dei paesi baltici è infatti lo scenario per cui la NATO si esercita più spesso, come si evince dall’esercitazione DEFENDER-21, e per cui è stata pensata la NATO Response Force, una forza multinazionale pensata per un rapido intervento in Europa orientale.

Non ci resta che vedere se la Polonia, e gli altri paesi dell’intermarium, si conformeranno al progetto di integrazione euroasiatica, caldeggiato da Berlino, Roma, Mosca e Pechino, o se invece vorranno diventare “Fort Biden“, una cintura di stati indipendenti, con il patrocinio anglosassone, impegnati in un contenimento su due fronti sia verso ovest che verso est.

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21 pensieri riguardo “Intermarium ed anglosfera

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